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Visualizzazione dei post da aprile, 2013

Situazioni imbarazzanti

"E adesso? Adesso cosa facciamo? Lo sai che siamo nella merda, vero?". Lo guarda negli occhi, sgranando i suoi, sapendo che la sua è una domanda retorica: sono nella merda. Ma sembra che lui non se ne voglia rendere conto. E' pallido, ha la bocca tesa, non sa dove mettere le mani, ma nonostante l'evidenza tiene il tono di voce sempre fisso sul sol, monocorde ed impassibile. "Non siamo nella merda, non siamo disperati come sembra, bisogna solo prendere atto che come partito non siamo compatti, è un dato di fatto, ma che ce la possiamo fa-" "Non-dire-cazzate-per-piacere", scandisce, braccia larga sul tavolo, volto proteso in avanti, quasi volesse cogliere qualsiasi movimento delle rughe d'espressione del volto di quella che sembra l'ultima persona convinta che il Partito sia ancora in gioco. "Il Partito è finito, così com'è non vale più niente! Te ne rendi conto o no?! Io lo so che te ne rendi conto, ed è quello più che tutto il re

Come cambiano certe cose/2

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("Adesso devi fare un post sul blog per questo eh!") Fare finta che i bambù fossero delle spade, in mezzo alla ghiaia. Mettere in piedi tende rudimentali con il telone della macchina del nonno, e usare una torcia appesa come unica fonte di luce. Farmi credere che il giradito fosse una malattia che, dopo poco tempo, ti avrebbe fatto cadere l'ultima falange del dito della mano. Scendere le scale con i cuscini del divano sotto al culo, o con gli stessi cuscini costruire delle fortezze, o semplicemente sbatterseli addosso stando molto poco attenti a dove fossero le cerniere. Cercare di costruire qualsiasi cosa ci venisse in mente, con scarsi risultati. Per non parlare del computer a casa di tua nonna, quello nel seminterrato, che andava a floppy e aveva dei vecchissimi programmi sulle galassie e le costellazioni; la moto nel fienile; l'altalena (che forse c'è ancora); il carrellone parcheggiato attaccato al trattore, dietro casa. E adesso sei laureato, 110 e lode,

Come cambiano certe cose/1

Sono seduto sul divano di camera mia che finisco la vaschetta di Coppa del Nonno, come nella migliore tradizione delle commedie americane quando le donne si siedono sul divano di casa a uccidersi di gelato col cucchiaione grosso. Loro lo fanno per delusioni amorose, io decisamente no. E' per finire la vaschetta, tutto qui. "O c'è altro?" Un po' d'altro, c'è. Mi sono sentito perso in un mondo che pensavo avrebbe dovuto appartenermi. L'ambiente universitario, quello a cui ambivo dai tempi delle medie, mi è sembrato per l'ennesima volta così accademico, così formulato, e al tempo stesso così bello ma  lontano , che ho seriamente pensato " io  penso di arrivare a laurearmi, discutere una tesi e prendermi gli applausi della poca gente che verrà a vedermi?" "E poi, tesi in cosa? Dopo 3/5 anni di cosa? Dove?" Almeno so il perchè: perchè voglio una laurea, non perchè la meriti, ma perchè è una cosa che bramo, e che nonostante mi s

Quest'aria di spensieratezza

Tutto mi viene da pensare, con questo clima: ho avuto in questi giorni anche l'istinto che il mare sarebbe una meta a me gradita, io che amo la montagna. La bellezza di questo clima felice, soleggiato,  caldo , danno un senso di autodeterminazione che ti fanno figurare la conquista del mondo come un semplice calcolo tempistico e di strategia. Lo stesso caldo che pativo, perchè patisco il troppo caldo come il troppo freddo, l'anno scorso, scappando da San Possidonio, ascoltando Radio Uno che trasmetteva alternativamente aggiornamenti in tempo reale sulla bassa modenese e canzoni tipo Stevie Wonder ("All in love is fair"), Ornella Vanoni ("Domani no"), Gatto Panceri ("L'amore va oltre", che credo che sia l'unica canzone al mondo, davvero, che ogni volta che l'ascolto mi faccia piangere a dirotto, come se non avessi di meglio da fare, vallo a spiegare tu), tutte canzoni che nel bene o nel male, comunque la si pensi, in una situazione come

Ad un'amica

Non sapremo forse mai come sarebbe andata, se fosse partito tutto con un poco più di intraprendenza. So che tutto quello che ho fatto per te, mi è venuto dalla voglia di vederti stare bene. Tutti gli abbracci, le carezze, le dolcezze minime che si devono a visi dolci come i tuoi. Ragazza, che tanto mi hai dato senza darmi niente tranne tanta passione per persone altrui, non te ne sei mai andata davvero, neanche quando te ne sei andata. Per anni non mi sono curato di cancellare conoscenze logore e persone bisognose solo di piaceri passeggeri. Non sei logora, tu, e non sei passeggera. Sei cambiata - sei sbocciata, sei un'altra persona meravigliosa. Non so ancora come maneggiarti, e il mio guardarti stranito è fastidioso, ma chi non si guarda attorno in una stanza che conosceva diversa? Solo il falso fa finta di niente, il distratto si concentra su cose non importanti, lo stupido non guarda altro che il suo interesse. Non vedrò mai cosa sarebbe potuto succedere nel caso in cui av

Bologna in my mind

Più precisamente, la Stazione di Bologna. Non credo di avere mai avuto bisogno di prendere il treno per o da Bologna in un giorno festivo, ma non è questo il punto della situazione. La signora toscana che ti chiede indicazioni per Via Massarenti via autobus, e tu che miseramente ti fai declassare a comparsata da un maraglia con occhiali da sole e camicia nera slacciata, non è nemmeno il punto della situazione. Forse il succo della questione sta nel brodo umano denso e caldo del bus? Non credo, come non credo che sia dentro le cafonacce del McDonald's che sbiascicano "Ciken Mec Negghez" davanti a una pazientissima commessa (con secondo maraglia di giornata intento a fare l'asso pigliatutto). Avvicinarsi con calma all'entrata ovest della stazione per vedere una pesantissima sosia della Minetti, porcona doganale targata Rimini (o Riccione), non è il succo (anche se potrebbe esserlo) della domenica bolognese. Arrivare al binario 1 ovest e notare, con un certo imb

Un giorno migliore

Assemblea, premiazioni. Seduto, in mezzo alla gente. Con la coda dell’occhio, controlli se una donna e una ragazza continuano a guardarti o se è solo un effetto ottico. E’ sicuramente un effetto ottico. Albi è con me. La responsabilità è alta: non abbiamo la nostra faccia, oggi, ma quella di più di venti persone, tutte in due. Le parole pesano, se ti porti il peso di un progetto in cui credi tu e altre centinaia di persone. “Ed ora, per la categoria Speciale, vogliamo parlarvi di una storia…” Intuisci all’istante: parla di Radio 5.9, è ovvio. Video, presentazione a voce, luci. “…per i ragazzi della radio sono venuti due rappresentanti”; non aspetti, alzi la mano. Non siamo a scuola, ma è un gesto universale. Tre donne all’unisono: “Bravi!!”, sorridendo. Sorrido, smagliante io e il sorriso, saluto io con la mano, con quattrocento dita – non solo le mie, ma quelle di tutti i ragazzi, speaker registi e ascoltatori. Alzandoci calamitiamo gli sguardi, applausi sinceri. Li senti dal c

Devolution

Ovvero: quante volte avete pensato che un artista fosse migliore nella prima fase della sua carriera? Michael Jackson, ad esempio. Oppure...Beppe Grillo. Io chiedo a gran voce la devoluzione di Beppe Grillo. Devoluzione, perchè la sua attuale forma di vita è un'evoluzione del Grillo originale, una evoluzione sviluppata in trent'anni gradualmente ma che è esplosa solo da poco meno di una decina d'anni. Io voglio, nonostante sia impossibile, Grillo in televisione. Il Grillo di "Te la dò io, l'America" . Il Grillo di Sanremo , il Grillo che prende per il culo tutti , esattamente come fa adesso, ma che lo fa per disilludere con forza, non per fare il capopopolo. Mi dispiace, perchè la tv italiana ha perso davvero un enorme intrattenitore. Però la politica italiana ha trovato un enorme intrattenitore: avete presente? Barba e capelli bianchi, urlante, si scaglia contro tutti, anche contro i suoi, vuole ribaltare tutto il sistema paese perchè è marcio...lo conosc

Sarebbe bello

Tutte le volte che arrivo a Bologna, uscendo dalla stazione, vengo pervaso da un'aria di follia mista a spirito di iniziativa che è l'essenza stessa di Bologna. Tanto che ogni volta che passo di fianco a un fioraio interrompo il mio flusso di coscienza per pensare che potrei entrare, prendere una rosa, e poi lanciarmi con dolcezza e fermezza verso la ragazza più bella che mi capitasse davanti, per regalargliela e vedere la sua reazione. Poi tiro dritto, e tutto sfuma. Sarà la primavera, però, e non mi è ancora passata questa malsana idea di romanticismo malato. Le storie più belle iniziano così. Poi, però, c'è un difetto grave: ci si conosce e si inizia ad odiarsi. Sarebbe bello, stare insieme e non conoscersi, sapere solo il meglio, ignorare tutto, amare un'immagine. Magari la prima immagine che hai di una persona che, da sconosciuta, ti offre una rosa in via Zamboni, o in Largo Respighi. Farnetico, ma il sole mi ha scosso: non mi ricordavo più come fosse fatto

Merda appena sfornata

 Una foto con (attualmente) 1877 "mi piace" ha come soggetto un foglio con su scritto: Se arrivo a 1000 "mi piace" sputo a quelli che pensano di arrivare a 10.000 Ditemi perchè devo fare fatica a farmi un nome, se poi basta andare davanti una webcam, fare una foto sfuocata e pigliarsi 1877 "mi piace" con una frase sconnessa, grammaticalmente inesatta e davvero, davvero, davvero stupida. E la pagina di RadioMania , programma che tutto è tranne che ovvio, stupido e sconnesso grammaticalmente, ed è anzi un ottimo esempio di professionalità radiofonica, fa fatica a pigliarsi 100 mi piace. Se Facebook non mi servisse come e più di qualsiasi altro mezzo di comunicazione, mi sarei cancellato con una gioia tale che neanche un orgasmo.

Spaesati nelle proprie creazioni

Camera mia. Non si può dire che in queste due parole ci sia qualcosa di sbagliato. E' una camera, ed è mia. Mia davvero: mia perchè abitata solo da me, e mia perchè arredata solo da me. Ogni dettaglio è stato scelto da me, qualsiasi cosa rispecchia la mia volontà. Eppure, di sera, sul divano, aspettando il sonno, con la piantana accesa a rischiarare il verde del muro coperto dalla Tour Eiffel, certe volte non mi sento perfettamente come se fosse camera mia. E' come se fosse tutto di passaggio. Io mi ricordo, quando dopo una settimana passata fuori di casa, per una gita o per una vacanza, magari dopo lunghi turni di veglia, mi buttavo sul mio letto, di traverso. Mi ricordo perfettamente la mia risata nervosa, il mio sorriso, i miei lunghi sospiri. Ci vuole un attimo di pazienza, per abituarsi a un cambiamento così radicale, a così tante modifiche, anche da un punto di vista mentale. Sono abitudini che bisogna prendere da zero, autoimposte per marcare il passo, per segnare che

Il bacchettone che è in me è molto indeciso

"In media stat virtus" Sono sempre più convinto che l'opzione più giusta sia la via di mezzo tra il troppo e il troppo poco, ed è una cosa che ho sempre pensato. E' così che ho scelto il verde della mia camera! Ma sempre meno tollero i '96, i '97 e i ragazzini da quell'età in giù. Da ventunenne quale sono ora, dovrei disprezzarli con il vero gusto con cui i più grandi disprezzano i più piccoli. E infatti, disprezzo senza lesinare energie. Certe volte, in media stat virtus 'sto cazzo Perchè va bene che da adolescenti ci si faccia prendere dalle passioni; capisco che i quattordicenni possano tenere a cose, persone, mode che io, a causa di dovuta maturità, non sento mie; posso perfino giustificare che, dopotutto, le cose che ti commuovono a quattordici anni siano ben diverse da quelle che ti fanno sentire al settimo cielo a ventuno. E nemmeno sto dicendo che ventuno anni sia un'altra dimensione, la maturità eccelsa, e che dopo i vent'anni

S(u)oli emiliani

(Little advice: per avvicinarsi alle sensazioni descritte, mettete  questa  come sottofondo.) L'Emilia ci ha frustato, ma è pur sempre la nostra grande mamma. Infonde nello spirito un senso di appartenenza a un unico destino sconnesso e nebuloso. Nessuno sa cosa aspetta, oltre il Confine, al di là del fiume, noi emiliani. La vita scorre in un lieto benestare in una comune povertà di mezzi e una grande ricchezza d'animo. L'essenza dell'Emilia, però, è altrove. Alle otto di sera, in quelle serate estive in cui l'unico obiettivo è aspettare che il sole scenda a farsi un tuffo nel Secchia, allontanati dal centro, prendi la bicicletta. Prendi le strade larghe una persona, salta le buche. Goditi il vento, quello inutile, che non toglie neanche le zanzare dal collo, che non sgocciola la canottiera. Allontanati dalla musica delle sagre, avvicinati alla musica del sole, rosso come le gote di chi ha lavorato tutto il giorno in campagna, col cappello di paglia. Guarda i

Revisionismi

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Questa è una foto scattata a Firenze, sul Lungarno, a due passi da Via de' Bardi. Una turista la fece. Il soggetto fui io. Io, e un tenero orsacchiotto che giusto da Via de' Bardi si avviava, trotterellando, verso Ponte Vecchio. "Ehi, tenero orsacchiotto!" Tutto sonnacchioso ma trotterellante, l'orsacchiotto si girò, mi guardo con i suoi teneri occhioni, alzò le sopracciglia e mi disse, sobbalzando ad ogni parola: "Il tuo viso mi rende simpatia! Parlami, dimmi cosa deve uscirti dal cavo orale!" "Tu mi rendi felice con i tuoi colori sgargianti, questo sole ti illumina il pelo: a Firenze, non s'è visto mai un orso così bello!" Arrossì ancora più del rosso sgargiante del suo pelo, l'orso, e portò le mani al volto, toccandosi con le ditone tozze le orecchie all'interno, trotterellò felice facendo parte della strada all'indietro, piroettando e giocolando con la coda, e mi si strinse al petto. Diedi la macchina fotografica alla

E se ti dicessi che...

 In tutti questi anni, ho avuto parecchie storie. Non mi ricordo nemmeno tutti i nomi. Molte persone sono state grattate via dal muro dei ricordi come le etichette adesive attaccate al legno: se le tiri via con le unghie vengono via male, rimane sempre la colla e un po' di carta, ma diventano illeggibili e dopo un po' di mesi non ti ricordi più cosa quell'etichetta fosse lì a fare. La mia prima storia è stata straziante, e dopo un anno dalla fine ero ancora lì a stare male, non sopportavo l'idea che la mia prima storia (impegnativa, sostanziosa, la vera storia delle prime esperienze, la storia dell'indipendenza) potesse finire, e fosse finita. E' scattato un meccanismo che mi ha portato a cancellare le sconfitte con altre battaglie, tutte regolarmente perse. Il non accontentarsi di quello che avevo è stato sempre il mio mantra, il mio movimento interiore. Un domino: cancellare le sofferenze con altre storie, cioè con altre sofferenze. Siamo delle cortecce sul

Non c'è sole

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Lo so, è una canzone che parla di una donna che se n'è andata, di tutto che sembra più schifoso da quando "lei se n'è andata" e di tutto più buio, più triste, "senza sole". Ma guardo fuori ed è l'unica canzone che mi viene in mente. Non mi manca nessuna ragazza, non ho rimpianti di nessun genere (credo sia il primo periodo dal 2007 in cui non ho nessun tipo di rimorso verso nessuna storia troncata prima che potesse sbocciare). Ma piove, piove, piove, piove, piove, piove, piove, e a forza di ripetere la parola "piove" mi è venuto in mente l'"I know I know I know" di "Ain't no sunshine". Eclettismo, nient'altro

Scuola di vita Treno Regionale 2259 Brennero-Bologna

 Questo tempo da lupi, che neanche Genova con la burrasca, mi fa venire voglia di tutto tranne che di dormire, dato che il vento scuote anche i muri, sventola i tendoni delle impalcature di questo paese in graduale ricostruzione, sibila sotto i portici, suona le fessure tra i mattoni. E mi viene da ripensare a oggi pomeriggio. Uno dei tanti viaggi di andata fatti in solitaria verso Bologna, macchina-treno-bus da solo, che come nessun'altra esperienza in solitaria mi dà una visione di insieme dell'uomo moderno e della società, con tutte le sue sezioni, categorie, movimenti, riti, inusualità. A Mirandola, il vento era lo stesso. La stazione non ha barriere. Una ringhiera come balaustra davanti a un quadro di Monet quale è la campagna della bassa. Il problema è che, in caso di vento, il quadro di Monet diventa anche un ottimo asciugacapelli: dalla campagna, i giorni storti, soffia un vento che credo sia della famiglia della bora, forse un fratello minore, tanto è costante, fredd

L'ascia di Eugenio

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Rai Storia, un documentario anni '70 sulle campagne del centro e sud Italia. Io, in dormiveglia a letto (erano le otto e mezza di sera) apro gli occhi, con i brividi. Che cazzo c'è di così eccitante nelle campagne del centro Italia?! Non era per le campagne, e ci ho messo qualche secondo. Questa, era la canzone di sottofondo. Quando alla Rai avevano le palle! Le palle, cazzo, di mettere Musica!

Curve a gomito

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 "Sei tu...Ruben?" Sento la voce, flebile ma pastosa, non riconducibile a donna nè uomo, a due passi dietro di me. Non mi volto in tempo da solo, che questo mi ha già girato con una mano sulla spalla e mi ha tirato un ceffone con l'altra, a piena mano, con le ultime falangi sulla tempia e il palmo in piena faccia. Prima di poter reagire, un altro. E un altro ancora. Un continuo, tre. Quattro. Non pago, mi offende: sono circondato da tuoi conoscenti che, impietriti, assistono alla scena. Non possono fare nulla, assistono. Perchè sanno che tocca, dopo di me, ad ognuno di loro. Sperano che la furia passi oltre, ma dentro di loro sono rassegnati. C'è chi, rassegnato, ride. Sghignazza, divertito dal fatto che sì, prenderà schiaffi in faccia, finirà in ginocchio, ma non come me, che intanto ho perso il conto degli schiaffi e pugni in testa, che mi sono arrivati. Ho solo la forza di chiedere "perchè io? Ho fatto qualcosa per meritarmi questo?!" Lui se ne va, c